firma: Da Atene in solidarietà con la resistenza palestinese
Mercoledì 15 maggio 2024, settantaseiesimo anniversario della Nakba. A mezzogiorno, 28 persone sono portate in tribunale per un’udienza istruttoria. Sono state arrestate la mattina precedente nella facoltà di giurisprudenza dell’università di Atene, nel pieno centro della città.
Durante la notte di lunedì 13, gli studenti hanno occupato l’università, in linea con il movimento studentesco internazionale, in solidarietà con la resistenza palestinese, pretendendo la chiusura di accordi con le università e le aziende israeliane o in qualche modo legate a Israele. La mattina dopo, il giorno 14, un imponente dispiegamento di polizia ha sgomberato l’università e arrestato chi si trovava all’interno, trattenendoli per un notte presso il commissariato centrale di Atene (GADA) per aspettare il processo per direttissima il giorno successivo con le accuse di disturbo della quiete, rifiuto di dare le impronte, possesso di oggetti contundenti e materiale esplosivo (fuochi di artificio) e danneggiamento.
15 maggio, dopo aver aspettato quasi 4 ore ammanettati nel piazzale del tribunale, l’udienza di mercoledì è stata rimandata al 28 maggio, lasciando gli imputati a piede libero.
In una mossa piuttosto teatrale, i poliziotti presenti aprono una a una le manette dei cittadini greci, ma non quelle dei 9 arrestati di altre nazionalità, dichiarando un ultimo controllo dei documenti per cui è necessario ritornare in commissariato.
Da quel momento, e fino a oggi, le 9 compagne e compagni francesi, spagnoli, tedeschi, inglesi e 2 italiane – sono detenuti per via amministrativa dentro il “centro di pre-rimpatrio (PRO.KE.KA)” di Amygdaleza – un CPR greco – nella periferia di Atene. La detenzione e il rimpatrio sono giustificati dall’inserimento di queste 9 persone nella “lista nazionale di stranieri indesiderati” per ragioni di sicurezza nazionale. Una lista di indesiderabili da espellere oltre i confini nazionali e con divieto di rientro in Grecia per 7 anni.
Nell’ultimo anno, nella sola Atene, le operazioni di controllo “a campione” dei documenti si sono moltiplicate, specialmente nelle aree più frequentate dalla popolazione razzia lizzata. Queste operazioni di profilazione razzista portano ogni volta alla detenzione di decine di persone, perché sprovviste del “giusto” documento. Persone sradicate dalle loro case e dalle loro vite e spedite nei PRO.KE.KA sparsi sul territorio greco, per un periodo che può variare fino a un totale di 36 mesi. Queste sono le politiche dell’Unione Europea che si basano su razzismo e repressione.
Spesso si è discusso dell’estensione a gruppi privilegiati, che godono di tutele legali in quanto cittadini europei, di norme repressive di controllo che vediamo quotidianamente imposte contro le persone marginalizzate come i migranti razzializzati o appartenenti a gruppi minoritari. Questa mossa ha sorpreso molte e molti compagnx, solidalx e avvocatx compresx, eppure non è altro che la contro-prova del funzionamento della macchina repressiva dello stato. Il giorno prima del processo, il primo ministro K. Mitsotakis aveva dichiarato in un comizio tenuto durante la sua visita al muro di Evros (al confine con la Turchia) che la sua agenda politica è fatta di “legge e ordine” e ha aggiunto – queste verranno rispettate anche nelle università pubbliche.
Per i compagni europei, la decisione di espulsione è arrivata sabato in mattinata mentre un’ulteriore manifestazione contro il genocidio palestinese era appena partita dal centro della città verso il Parlamento.
Già da qualche settimana la risposta repressiva alle mobilitazioni pro-Palestina aveva cambiato segno e intensità. Il 7 maggio, un corteo contro l’invasione di Rafah da parte dell’esercito israeliano è stato caricato più volte. La stessa sera, durante una protesta due compagni, tra cui un minore, sono stati violentemente arrestati. Il giorno dopo, 20 persone che erano andate in solidarietà al processo dei due arrestati sono state a loro volta fermate all’interno del cortile del tribunale e portate in commissariato. Successivamente, i 20 compagni che erano a un presidio davanti al commissariato sono stati a loro volta fermati insieme a 2 avvocati e giornalisti. Un totale di 42 persone sono state tenute sotto stato di fermo nella stazione centrale di polizia GADA di Atene. Successivamente tutti sono stati rilasciati tranne una persona che è stata accusata di disturbo all’ordine pubblico.
È un chiaro segnale di escalation repressiva volta a fermare le espressioni di solidarietà con la resistenza palestinese. Chi manifesta contro il genocidio in atto della popolazione palestinese, o chi mostra la propria solidarietà contro il sistema di apartheid sionista è considerato un “soggetto pericoloso”. Sicuramente pericoloso per tutti gli stati dell’Unione Europea, Grecia inclusa, complici del genocidio tramite produzione, trasporto e vendita di armamenti ed equipaggiamenti di guerra.